Onorevoli Colleghi! - L'articolo 113 del titolo VIII del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, confonde pericolosamente la pubblicità con l'informazione. Il decreto legislativo n. 219 del 2006 costituisce un'interpretazione decisamente restrittiva della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, la quale proibisce qualsiasi forma di informazione a scopo promozionale per i farmaci che richiedono prescrizione medica, non facendo, tuttavia, alcun riferimento all'informazione intesa come comunicazione di pubblica utilità, di maggiori conoscenze, nozioni e notizie che potrebbero rivelarsi utili e vitali per la salvaguardia della salute dei pazienti.
      Così, il citato articolo 113 finisce per confondere l'informazione a scopo promozionale con l'informazione a scopo di pubblica utilità.
      Da questa interpretazione restrittiva, che finisce per non rispettare un diritto inviolabile come quello dell'accesso all'informazione, consegue che i cittadini italiani non possono accedere ad alcun tipo di informazione che riguarda la propria salute e il proprio benessere fisico.
      Si è pertanto convinti che il citato articolo 113 debba essere modificato, «reinterpretando» la direttiva 2001/83/CE in un'ottica che salvaguarda il diritto dei cittadini all'informazione. Essi avranno così accesso alle più accurate informazioni sui farmaci che richiedono prescrizione medica, che le case farmaceutiche provvederanno a fornire in maniera accurata e scientifica.

 

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      Si crede, infatti, che i cittadini abbiano il diritto e la capacità di distinguere la mera informazione pubblicitaria dalle importanti informazioni scientifiche che potenzialmente possono aiutare a scegliere, e, forse, anche a salvare una vita.
      L'attuale formulazione dell'articolo 113, inoltre, contraddice gli obiettivi della Strategia di Lisbona e gli sforzi che l'Italia vuole fare nel campo della ricerca, dell'innovazione e dell'eccellenza. Infatti, la negazione dell'informazione si riflette negativamente sulle ambizioni scientifiche e tecnologiche dell'Italia e delle imprese che al suo interno operano nel settore farmacologico. Quanto la scienza produce faticosamente attraverso il lavoro di «cervelli» e individui volenterosi non può essere comunicato ai cittadini. Le industrie farmaceutiche italiane e straniere stanno diminuendo i propri investimenti, anzi, cosa ancora peggiore, li stanno trasferendo altrove, in quei Paesi in cui l'informazione sui farmaci è libera e la diffusione di un prodotto nuovo ha tempi molto brevi.
      Ad una produzione limitata corrisponde una limitata possibilità di scelta e una conseguente limitata offerta farmacologia. La limitazione dell'informazione, infatti, non riguarda solo i pazienti ma anche gli operatori del settore come gli informatori scientifici del farmaco e gli stessi medici.
      L'accesso all'informazione non causa e non può causare alcun aumento nel consumo di farmaci che richiedono comunque una prescrizione medica, ma può portare e porterà ad operatori e pazienti più informati e ad un consumo dei farmaci più consapevole.
      La modifica qui proposta «reinterpreta» la direttiva 2001/83/CE in modo conforme a quanto già fatto dall'Olanda con il «Codice di condotta per la pubblicità dei medicinali» del 6 settembre 2005.
 

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